Da qualche tempo a questa parte, inizio a convincermi che ci siano alcuni argomenti che potranno essere i veri parametri di valutazione del web nel futuro, intorno ai quali verrà ridisegnata la SEO e il nostro approccio alla materia; uno di questi argomenti è l’Author Rank.
Negli ultimi mesi l’argomento è diventato decisamente di moda, se ne è parlato e sparlato tanto ed è stata fatta anche molta confusione. Con l’introduzione del Knowledge Graph, del sistema di authorship (le facce in SERP) e l’avanzare di Google+ nel mercato dei social, il tema dell’Author Rank ha finito spesso per essere scambiato per qualcosa di diverso da ciò che dovrebbe essere, passando in secondo piano.
In realtà, il concetto è estremamente interessante e complesso e apre la strada a un approccio nuovo alla SEO. Prima però vorrei chiarire un paio di punti, da mettere nero su bianco per capire meglio cosa voglio dire quando parlo di Author Rank.
Cosa non è l’Author Rank
Tralasciando il mio modo di vedere l’argomento, l‘Author Rank non è assolutamente nessuna di queste cose:
- L’Authorship, inteso come attribuzione di pagine e articoli a un singolo utente di Google+
- Il riconoscimento nei box del Knowledge Graph
- Il numero di cerchie Google+ in cui si è presenti
- Una barra verde come il Page Rank
- Un parametro che misura i link
Anche se non va confuso con nessuno dei punti precedenti, è però sicuramente collegato ad alcuni di questi, vedremo come. L’authorship non è uno mezzo per posizionarsi meglio nelle SERP di Google e gli effetti che spesso e volentieri ha sui risultati di ricerca sono al momento totalmente indiretti.
Questo non significa che non sia uno strumento potente; anche senza migliorare la propria posizione di SERP (concetto che tra l’altro è diventato relativo da un bel po’ di tempo), l’authorship porta una serie di vantaggi impressionanti. Non solo è utile per migliorare il CTR in SERP, ma può servire a migliorare la percezione di un brand (personale o aziendale) umanizzandolo, o semplicemente ad attirare l’attenzione.
Parafrasando Oscar Wilde:
L’importante non è che ci si clicchi sopra o non ci si clicchi, l’importante è che ci si presti attenzione.
L’authorship è la vostra firma. Conta molto. Una domanda però: la vostra firma è la vostra autorevolezza? O questa è fatta anche di altri elementi?
Cosa è l’Author Rank
Il concetto di rank per autore nasce nel 2005 con la presentazione del brevetto dell’Agent Rank, da parte di Google, che introduceva il concetto di ranking in base all’autore dei singoli post/pagine. In pratica Google (ma anche gli altri motori di ricerca hanno brevetti simili depositati), presentava un nuovo metodo di ranking, basato sull’affidabilità e l’autorevolezza di chi aveva scritto il singolo post, prevedendo anche la possibilità di trovarsi davanti a documenti scritti a più mani.
Viceversa, il ranking dell’autore veniva determinato a partire da una serie molto varia di parametri, tra cui gli articoli scritti, le connessioni con altre persone (ancora non espressa in termini di social network), i commenti rilasciati, oltre a una serie di attività riconducibili all’offline, come le citazioni in libri e pubblicazioni scientifiche.
Negli anni successivi sono poi stati depositati altri brevetti affini, con maggiore insistenza nel periodo di boom dei social network, che ha ovviamente smosso le acque su questo versante.
Poi è arrivato Google+. Una fonte di dati impressionante per l’azienda di Mountain View, che oggi permette una profilazione profonda degli utenti. Grazie a Google+ è stato possibile introdurre le facce in SERP, mediante l’authorship (che, come detto nel paragrafo precedente, non è l’Author Rank). L’authorship è stata una mossa interessantissima su due versanti:
- Da una parte ha mosso le community di webmaster/blogger/giornalisti ad adottare Google+, per poter ottenere l’attribuzione autore (e la disinformazione sul vero significato dell’authorship ha giocato a favore di Google, in questo senso);
- Dall’altra è stato il modo per aggirare un problema tecnico di attribuzione dei contenuti. In un mondo Google-ideale, l’attribuzione è semplice e viene fatta senza collegamenti manuali su qualsiasi documento. Al momento risulta difficile. E così, come schema.org aiuta Google a “spacchettare” i contenuti in sezioni più facilmente analizzabili, l’authorship lo aiuta a capire chi ha scritto un testo senza particolari sforzi.
Google+, con la sua enorme “potenza di fuoco”, di cui si è parlato spesso anche qui sul blog GT, è stato (ed è) un’arma potentissima, che ha aiutato ad alimentare il mito dell’Author Rank.
Ad oggi, è un fattore di ranking? Ni!
Probabilmente, come evidenziano test condotti da me in passato e da molti altri SEO, ancora non lo è. Tuttavia, cosa intendiamo per fattore di ranking? E soprattutto.. ha ancora senso parlarne, o forse la SEO ha finalmente assunto veramente un altro significato?
Una Nuova Prospettiva
L’Author Rank, il Knowledge Graph, l’analisi delle relazioni sociali, gli aggiornamenti antispam e un motore di ricerca sempre più complesso e dominato dalle personalizzazioni ci portano a chiederci: cosa è veramente la SEO oggi? Senza voler dare uno statement, rivedo la mia definizione di qualche tempo fa, ampliandola:
La SEO è uno strumento di supporto alle decisioni di Web Marketing
Google ha una visione a 360° del web e sperimenta continuamente; la SEO può funzionare ora come stella polare per la gestione di progetti complessi, fornendo risposte a cui sarebbe altrimenti difficile arrivare. Il futuro del web è nella personalizzazione continua, si spinge verso una fusione fra online e offline sempre più avanzata, completa.
Lavorare sulle persone significa, ad oggi, lavorare bene. Nella stragrande maggioranza dei casi.
Google ci suggerisce come lavorare veramente sul web. Ci fa capire in anticipo che la SEO è diventata un lavoro di relazioni, di networking… che le persone sono al centro del web. E l’Author Rank non è il solo argomento a cui può essere applicato questo discorso: basti pensare alla crescente importanza dei social, all’integrazione con l’offline, all’analisi semantica e a decine di altri temi caldi nella community SEO internazionale, per capire davanti a cosa ci troviamo.
La prospettiva si allarga decisamente; Author Rank non significa mero parametro quantitativo online, ma anche citazioni, pubblicazioni di libri cartacei, presenza ad eventi importanti del settore: i campi di applicazione in futuro sono molti.
Le Universal Analytics stanno allargando le web analytics all’offline. Il web si sta iniziando a muovere verso una profonda integrazione con l’offline. Vengono presentati i Google Glasses. Google pubblica da anni libri cartacei online su Google Libri. Cerca citazioni in pubblicazioni accademiche. In questo panorama, cosa è realmente l’autorevolezza di una persona, sul web?
It’s All About (good) Relationships
E non parliamo dei vocabolari web. Tutto il web è relazione; lo era per i link. Lo è nei social network. Lo è fra le entità del Knowledge Graph.
Ma la relazione più vera non è quella fra pagine web: è quella fra le persone. I link ne sono un riflesso, i social ne descrivono una parte. Ma il concetto è più ampio. L’offline tracciato tramite universal analytics, uso di QR code e tutto ciò che può definire relazioni potrà essere oggetto di analisi.
Già adesso possiamo pensare a una serie di strumenti e metodologie di lavoro spesso poco sfruttate: l’outreach sugli influencer del settore (per identificarli si possono usare strumenti come l’Author Crawler, Klout, Followerwonk… o la testa!), la creazione di un network di contatti personale, la gestione di pubblicazioni accademiche per scholar, ebook e libri per google play.
Mariachiara Marsella ad esempio, suggeriva la pubblicazione di ebook per sfruttare i canali play e books; metodologia questa, che rientra perfettamente nel concetto di sviluppo dell’Author Rank. Frenico e Smashwords sono due strumenti di self-publishing gratuiti, per iniziare a lavorare anche in questo campo.
Sempre nella filosofia dell’Author Rank può rientrare l’idea di sviluppare una rete di curriculum e pagine personali e interattive, tramite video su YouTube e pagine su servizi come about.me e clapps.me, oppure gestire la presenza online di un’azienda a partire dai suoi dipendenti, lavorando sui loro profili, sulla loro rete di contatti e insegnando loro come promuovere la loro immagine e, contemporaneamente, quella aziendale.
Tutto verte intorno al concetto di costruzioni di relazioni. L’online si avvicina all’offline. Il web marketing al marketing tradizionale, e viceversa.
Da questo viaggio, il marketing torna arricchito di una consapevolezza maggiore, guidata dai dati, da una profonda analisi, dalla SEO.
Pensate che il passo verso una SEO di questo tipo sia vicino? Già lo adottate nel vostro lavoro o l’imperare di alcune tecniche “Black Hat” in alcuni settori, a volte fa perdere troppo la voglia di lavorare sul lungo termine?
Articolo molto interessante, mi ha chiarito un paio di cose! Grazie Giorgio
Ciao,
pienamente d’accordo! Questa è la via da percorrere, da te perfettamente tracciata. Per quanto mi riguarda sto lavorando e studiando molto per comprendere questi nuovi sviluppi, saperli maneggiare e soprattutto saperli infondere ai clienti che ancora sono fermi alla visione SEO di qualche annetto fa… Anche perchè, forse, una piccola parte di colpa ce l’ha proprio questo acronimo “Search Engine Optimization”, oramai anacronistico e che induce a credere che sia un qualcosa privo di “relazioni” e di “persone” e che si concentri esclusivamente sul “motore di ricerca”… anche questa sarebbe una discussione da aprire, non pensate?
Io a suo tempo avevo provato a proporre, per lasciare immutato l’acronimo SEO, qualcosa del tipo “Site Ecosystem Optimization” (dove site era inteso in senso ampio, tutto ciò che riguarda la presenza web di una persona o di un’azienda)… altre idee?
Ciao e buon lavoro a tutti!